Tempo soleggiato su tutta la penisola, nebbia fitta sulla pianura padana, mari mossi, venti moderati e così via: parole che sentiamo ogni sera in tv. Ma quali aspetti scientifici si celano dietro le previsioni del tempo? e quali sono le prossime sfide per la meteorologia?
di Carlo Cacciamani
Ha collaborato Valentina Murelli
Le drammatiche alluvioni avvenute in autunno alle Cinque terre e a genova hanno riproposto due questioni ampiamente dibattute ogni volta che accadono eventi simili: le previsioni meteorologiche sono in grado di prevedere certi fenomeni? È davvero ottimale l’uso che facciamo delle previsioni disponibili? in questo articolo cercherò di rispondere ai due quesiti, dopo aver presentato gli aspetti scientifici delle previsioni meteo.
Dai proverbi alle leggi fisiche
Fino a un secolo fa le previsioni del tempo non si discostavano molto dai modi di dire proverbiali, come “rosso di sera bel tempo si spera” o “cielo a pecorelle, acqua a catinelle”. La loro pratica era quasi del tutto scollegata dal mondo scientifico e basata su regole empiriche. Ci è voluto tempo per riconoscere che il tempo meteorologico in un dato punto della superficie terrestre è “figlio” dello stato dell’atmosfera sopra e nelle vicinanze di quel punto, a sua volta determinato da un insieme di leggi che ne caratterizzano l’evoluzione.
Solo dopo la fine della Prima guerra mondiale, con le invenzioni del telegrafo e della radiosonda che hanno consentito rispettivamente l’inizio della trasmissione dati e l’esplorazione della struttura verticale dell’atmosfera, e infine con lo sviluppo attorno agli anni venti delle prime teorie sulla struttura dei cicloni extratropicali e dei fronti, è maturata sempre più l’idea che l’unico approccio possibile per la realizzazione di moderne previsioni meteo era l’applicazione di principi fisici di base, che peraltro la scienza aveva già da tempo consolidato. Parliamo in particolare delle leggi della meccanica – scoperte da Galileo e da Newton – che regolano il moto dei corpi sotto l’influenza di forze che si esercitano su di essi, e delle leggi della termodinamica, che descrivono lo stato fisico dei gas e dei fluidi.
La nascita delle previsioni numeriche
Agli inizi degli anni trenta, però, il livello tecnologico non era ancora sufficiente per ipotizzare una catena operativa moderna. Solo l’ulteriore sviluppo delle conoscenze teoriche nel campo della dinamica atmosferica e l’avvento dei primi calcolatori elettronici negli anni cinquanta (in particolare l’ENIAC, electronic numerical integrator and Computer, a opera del matematico ungherese John von neumann), hanno dato inizio all’era scientifica della previsione meteorologica.
Volendo fissare una data precisa potremmo indicare il 1955, anno in cui negli Stati Uniti è iniziata la produzione regolare delle cosiddette previsioni meteorologiche numeriche, basate su un processo che conduce alla definizione dello stato futuro dell’atmosfera a partire da condizioni iniziali. Il processo richiede sia osservazioni meteo per definire le condizioni iniziali, sia elaborazioni matematiche delle leggi della meccanica e della termodinamica, così complesse da richiedere il contributo di elaboratori elettronici e di algoritmi specifici.
Dinamica e termodinamica
La moderna meteorologia previsionale dipende dunque da tre fattori: capacità osservative, sviluppo di modelli concettuali e disponibilità di risorse efficaci di calcolo. Il punto di partenza è costituito dai dati meteo (relativi a temperature, umidità, direzione e velocità dei venti, visibilità, pressione ecc.), raccolti da centraline disposte al suolo, da sistemi di radiosondaggio verticale dell’atmosfera, da satelliti in orbita. Con questi dati si definiscono le condizioni iniziali, a partire dalle quali si può elaborare un’ipotesi di evoluzione dello stato dell’atmosfera attraverso modelli che descrivono matematicamente le leggi fisiche della natura.
Come dicevamo, le leggi di riferimento sono le equazioni della dinamica e della termodinamica applicate al fluido atmosfera che, sotto certe condizioni, si comporta come un gas perfetto, cioè costituito da tantissime particelle che interagiscono pochissimo tra loro. Possiamo citare per esempio la seconda legge della dinamica di newton, secondo la quale un corpo soggetto a forze esterne modifica il suo stato di moto: se è fermo inizia a muoversi, se è già in moto accelera o decelera. Nel caso del moto dei fluidi, le equazioni del moto di newton si “traducono” in linguaggio matematico in equazioni differenziali che prendono il nome di equazioni di navier-Stokes.
Tra le leggi della termodinamica citiamo invece la legge di conservazione dell’energia, che lega le caratteristiche “termiche” del fluido (la sua energia “interna”) e le sue capacità a svolgere lavoro meccanico con la quantità di calore che gli viene fornita dall’esterno, la legge di stato che, come nel caso dei gas, lega tra loro le grandezze termodinamiche che li caratterizzano (pressione, temperatura e densità) e la legge di conservazione della massa, secondo la quale in un dato volume di un fluido, la massa interna al volume può crescere o calare solo in relazione a quanto fluido entra o esce dalle pareti di quel volume.
Previsioni con scadenza
Le previsioni meteo sono classificate in base a quella che potremmo definire “data di scadenza”. Si distinguono previsioni di nowcasting (1-3 ore), a brevissimo termine (3-12 ore), a breve termine (12-48), a medio termine (2-10 giorni), a lungo termine (oltre dieci giorni, per esempio mensili o stagionali). Solo in anni recenti sono comparsi i primi esempi di quest’ultimo tipo di previsione.
Il nowcasting si basa essenzialmente sull’estrapolazione lineare nel tempo di quello che accade in un dato istante in una certa località: con queste tecniche si può prevedere per esempio l’evoluzione di un temporale nelle pochissime ore successive l’acquisizione dei dati iniziali, oppure l’evoluzione di un fronte d’aria fredda al suolo. La produzione di previsioni a brevissima scadenza è legata alla disponibilità del più alto numero possibile di dati meteo, rilevati con un’alta frequenza temporale (ogni poche decine di minuti) e a un’elevata densità spaziale (molti dati in un’area di pochi km quadrati).
In una sala monitoraggio i dati vengono rapidamente visualizzati, tutti insieme, sullo schermo di una work station e un operatore procede alle operazioni informatiche di estrapolazione.
Simulare per prevedere
La semplice estrapolazione lineare non offre però risultati apprezzabili già dopo 6-12 ore, a causa del comportamento essenzialmente caotico dell’atmosfera. Comportamento caotico significa, in breve, che a minime variazioni nelle Condizioni iniziali possono corrispondere variazioni molto grandi nel risultato finale. L’estrapolazione lineare che parte dai dati osservati non tiene conto dei processi complessi e non lineari che caratterizzano l’evoluzione dello stato atmosferico. Per questo i dati osservati, da soli, non bastano più e diventa necessario ricorrere a modelli matematici di atmosfera, cioè a complessi sistemi di equazioni “non lineari” che ne descrivono il moto e che vengono fatti evolvere nel tempo a partire dalle condizioni iniziali.
L’attività modellistica è quasi totalmente basata sui Modelli globali di circolazione generale dell’atmosfera (GCM), che interessano l’intero globo terrestre e sui Modelli ad area limitata (LAM), operanti su porzioni limitate di Terra. Entrambi hanno raggiunto un elevato livello di dettaglio, e in alcuni casi possono prevedere fenomeni meteo a scale spaziali veramente ridotte: per esempio, possono prevedere nascita ed evoluzione di celle temporalesche con dimensioni di poche centinaia di km2.
Anche per previsioni a breve e medio termine modelli e simulazioni rimangono fondamentali, benché il livello di dettaglio (e dunque di precisione) a cui si può arrivare sia inferiore.
In laboratorio (virtuale)
I modelli meteorologici non rappresentano solo uno strumento di previsione, ma sono anche di grande importanza per acquisire informazioni su come funziona l’atmosfera. Questo perché, a differenza di quanto accade in altri settori della fisica, nel caso di un sistema macroscopico e complesso come l’atmosfera non è possibile indagare le leggi di natura all’interno di un laboratorio “galileiano” reale. Per definizione, infatti, il “laboratorio atmosfera” non è riproducibile ed è proprio la riproducibilità di un esperimento condizione essenziale del metodo scientifico.
La modellistica offre dunque la possibilità di costruire un laboratorio virtuale in cui simulare l’atmosfera reale. In questo laboratorio, grazie ai computer, si possono eseguire esperimenti che permettono di valutare le variazioni di comportamento dell’atmosfera “virtuale” (il modello) al variare a piacere di vari parametri, per esempio l’orografia (altezza delle montagne, ampiezza delle valli ecc.), il tipo di vegetazione di una certa area, gli scambi di calore con la Terra e così via.
Errori inevitabili
Esempio di difficile previsione metereologica locale: nella stessa nube temporalesca ci può essere un rovescio di pioggia (a destra) mentre a sinistra la pioggia “rievapora” e non raggiunge il suolo.
Va da sé che un modello, fornendo una “rappresentazione” della realtà, non è la realtà stessa e quindi contiene inevitabili approssimazioni e inesattezze, che possono dipendere da diversi fattori. In primo luogo, da una descrizione imprecisa delle condizioni iniziali, a sua volta legata alle incertezze del processo di misura dei dati. Un altro aspetto da considerare è la non linearità delle equazioni dei modelli, di cui abbiamo già parlato.
Altra causa di inesattezza è la semplificazione con cui vengono talvolta descritti i processi fisici che caratterizzano l’atmosfera reale, dovuta o a scarsa conoscenza del fenomeno o ad esigenze tecniche per ridurre i tempi di elaborazione. Risultato di tutte queste incertezze possono essere i classici errori di previsione: capita che i modelli possano far piovere troppo, o troppo poco, o troppo a lungo, o nei posti e nei tempi sbagliati, oppure che ci siano errori nelle temperature, nella copertura nuvolosa o nella velocità del vento previste.
Tuttavia, oggi non si può fare a meno di questi strumenti, utilizzati sia per redigere quei bollettini meteo che vengono mostrati ogni sera alla tv, sia per produrre messaggi di allerta a beneficio del sistema di Protezione civile, per la previsione di eventi avversi importanti (piogge torrenziali, piene fluviali ecc.).
Il ruolo del previsore. Ieri…
Il lettore che abbia letto sino qui questo articolo potrebbe pensare che tutta la previsione meteorologica moderna sia una faccenda di dati e di strumenti modellistici e che il ruolo degli esseri umani in tutto ciò sia solo marginale. in realtà non è così, anche se è indubbio che le attività che svolge oggi un Previsore meteo siano molto diverse da quelle di poche decine di anni fa.
Fino alla fine degli anni settanta, il supporto fornito dai modelli era minimo e la previsione si basava quasi esclusivamente sulle mappe di analisi sinottica, che venivano realizzate rappresentando su carte geografiche tutti i dati osservati in un dato istante (da cui il terminesinottico) e tracciando “a mano” le linee di ugual valore (isolinee) per le grandezze meteo: pressione al suolo o a differenti quote, temperatura ecc. Sulla base di queste mappe, il previsore poteva farsi un’idea precisa dello stato del tempo in una data area geografica ed eseguire estrapolazioni del suo stato futuro fino a 24-48 ore.
Queste interpretazioni erano essenzialmente soggettive e basate sull’esperienza personale, unita a una profonda conoscenza delle caratteristiche climatiche del territorio.
… e oggi
Ora un previsore ha a disposizione un gran bagaglio di supporti oggettivi, come dati di monitoraggio sempre più dettagliati e provenienti da strumenti differenti e output di modelli. il suo ruolo è sempre più quello di selezionare, tra i diversi prodotti disponibili, quelli che mostrano un maggiore margine di affidabilità.
La sua esperienza e le sue conoscenze risultano essenziali per fargli credere, poco o molto, a un modello piuttosto che a un altro e per fargli capire se può attendersi un errore nella localizzazione nello spazio o nel tempo di un dato evento meteo (per esempio una linea di temporali) o se questo sarà più o meno intenso. Se modelli diversi offrono scenari molto diversi rispetto a un certo evento, il previsore concluderà che quell’evento è difficilmente prevedibile; viceversa, se i modelli concordano potrà avere maggior fiducia nell’affidabilità di una previsione. Alla fine sono sempre e solo gli esseri umani a preparare una previsione meteo!
Quello che i modelli non hanno
Per svolgere questo lavoro, un previsore deve possedere una profonda conoscenza della fisica dell’atmosfera, del territorio in cui opera e delle sue caratteristiche climatiche. Facciamo un esempio: una conformazione identica del campo barico (cioè di pressione) in un’area piuttosto vasta (poniamo
l’italia settentrionale) può creare condizioni meteo differenti tra loro, anche in località molto vicine. In una località potrebbe piovere copiosamente mentre in quella accanto si registra una diminuzione di nuvolosità e un aumento di temperatura.
Questa variabilità può dipendere da vari fattori (la posizione orografica, il fatto di essere “sopravento” o “sottovento” rispetto a una catena montuosa, ricevendo così flussi d’aria differenti ecc.) e non sempre viene tenuta in debita considerazione dai modelli. È proprio in questi casi che interviene il previsore il quale, “a mano”, può correggere una previsione numerica sulla base delle sue conoscenze del territorio e della sua esperienza personale.
Quanto possiamo prevedere?
A questo punto possiamo rispondere a una delle domande che ponevamo all’inizio. Le previsioni meteo di oggi possono o non possono prevedere fenomeni estremi e tragici? La risposta è che si può fare molto, anzi moltissimo. Si può prevedere con un discreto grado di accuratezza che in una certa area si manifesterà con elevata probabilità un certo fenomeno (per esempio che si abbatterà una bomba d’acqua), ma attenzione: non si possono ancora descrivere esattamente tutte le caratteristiche precise di quel fenomeno, a partire dalla sua esatta localizzazione spazio/temporale.
Senza considerare che un conto è la possibilità di prevedere un evento estremo e tutt’altro conto è aver lavorato per prevenire i possibili danni di quell’evento. Il che, tra l’altro, ci porta dritti alla seconda domanda: è davvero ottimale l’uso che facciamo delle previsioni meteo? E quanto siamo in grado, come società, di gestire gli eventuali falsi allarmi (o i mancati allarmi) che i modelli previsionali, caratterizzati da inevitabile incertezza, possono produrre?
Qualità versus valore
Il dibattito su tale argomento coinvolge sia i meteorologi sia gli utenti delle previsioni e in alcuni paesi è molto sviluppato: negli Stati Uniti, per esempio, esistono siti completamente dedicati all’analisi dell’impatto sociale dell’informazione e della previsione meteo (www.sip.ucar.edu). Si sta sempre più affermando il concetto di valore della previsione, ben diverso da quello di qualità.
Con quest’ultimo termine si intende la bontà intrinseca del prodotto previsionale, definita in genere con opportuni indici statistici che misurano la “distanza” tra la previsione e l’osservazione. Con il termine valore si intende invece la capacità di una previsione di incidere sui processi decisionali degli utenti che ne fanno uso: una previsione sarà di alto valore se permetterà a un decision maker di prendere la decisione più corretta in un dato contesto.
Di irrigazioni, ombrelli e alluvioni
Valore e qualità non sono necessariamente connesse. Una previsione, anche di buona qualità, può essere di basso valore se non è utile, magari perché le scelte da effettuare dipendono da altri fattori, indipendenti dall’evoluzione del tempo.
Al contrario, una previsione di minore qualità potrebbe risultare di grandissimo valore, in altre occasioni e per un’altra tipologia di utente. Allo stesso modo, una previsione può essere, a parità di qualità, del tutto inutile per alcuni e di fondamentale rilevanza per altri. Pensiamo a un agricoltore, che deve decidere se e quando irrigare un suo terreno.
L’irrigazione ha un costo e decidere se procedere o meno dipende in maniera evidente dall’evoluzione del tempo. È chiaro che se l’agricoltore irriga e subito dopo piove, avrà svolto un lavoro inutile e sprecato denaro. Se, al contrario, decide di non irrigare e poi non piove, correrà il rischio di danneggiare la sua coltura (con conseguente danno economico). È un bel dilemma e per superarlo l’agricoltore si rivolge alla previsione meteo.
Egli sa che questa è soggetta a un errore, ma valuterà questa incertezza insieme a un altro elemento e cioè al rapporto tra costo dell’azione (irrigare) e danno dovuto alla scelta di non agire.
Supponiamo che la previsione meteo dica che pioverà: se l’agricoltore ritiene che il danno nel caso in cui non piova ed egli non abbia irrigato non sia poi molto elevato, può decidere di affidarsi alla previsione e di arrischiarsi a non irrigare. In questo caso, la sua scelta dipenderà quasi esclusivamente dalla previsione, che avrà dunque grande valore.
Al contrario, se ritiene che il danno sarebbe molto elevato, avrà convenienza a irrigare comunque, indipendentemente dalla previsione, che avrà dunque scarso valore.
Consideriamo ora un altro signore, che sta uscendo di casa per andare al mercato, sempre nel caso in cui la previsione meteo abbia stabilito che sta per piovere. Il nostro signore può mettere in atto due azioni diverse per mitigare il rischio di bagnarsi in caso di pioggia: prendere l’ombrello oppure rimandare la spesa. La prima azione ha costi bassi e può essere presa indipendentemente dalla previsione meteo, che avrà in questo caso poco valore. La seconda azione ha invece un rapporto costo/danno maggiore e il signore tenderà ad affidarsi alla previsione per prenderla. La previsione, dunque, avrà un valore maggiore.
Decidere se prendere l’ombrello, irrigare un campo, fare una festa all’aperto, far evacuare un paese per un’allerta meteo che annunci il rischio di un’alluvione: sono tutti esempi di azioni per le quali una stessa previsione di pioggia può risultare totalmente insignificante oppure parzialmente utile o addirittura assolutamente fondamentale.
Per concludere…
Queste considerazioni non sono fini a se stesse, ma ci suggeriscono che, in futuro, la scienza della previsione meteo non dovrà soltanto occuparsi di migliorare la propria qualità, ma dovrà anche confrontarsi sempre più con le varie tipologie di utenti che usano le previsioni e comprendere sia le loro esigenze sia gli aspetti più critici e rischiosi delle loro attività.
È chiaro dunque che una previsione meteo non dovrà limitarsi a rispondere alla domanda: «È possibile prevedere certi fenomeni?», ma affrontare anche quella, ben più utile: «Quanto servono queste previsioni per una data attività?».
Esempio di tornado distruttivo.
Parole chiave
- Ciclone area di bassa pressione, in cui le linee di ugual pressione (isobare) hanno una struttura quasi circolare attorno al centro della depressione. in generale, alle medie latitudini, queste strutture determinano tempo perturbato. Si parla di ciclone tropicale o extra-tropicale a seconda della localizzazione di tale struttura meteorologica sulla Terra.
- Fronte Linea che separa (al suolo) due diverse masse d’aria aventi caratteristiche termodinamiche diverse (temperatura, umidità ecc.). in genere si parla di superficie frontale che separa, nelle tre dimensioni, le due masse d’aria. La superficie frontale intercetta al suolo la superficie terrestre e la linea di intercettazione tra queste due superfici è per l’appunto il “fronte al suolo”.
- Radiosonda Strumento che permette di misurare lo stato dell’atmosfera nella verticale. in genere si tratta di una piccola stazione meteorologica che sale in atmosfera trascinata da un pallone riempito di elio. Durante la salita i sensori a bordo misurano il profilo di pressione, la temperatura e l’umidità relativa e trasmettono le misurazioni a un ricevitore a terra.
Per approfondire
- J.e. Thornes, D.B. Stephenson, How to judge the quality and value of weather forecast products, in “Meteorol. appl.”, 2001, vol. 8, pp. 307–314.
- Meteo, da Bernacca a internet, su “ecoscienza”, 2011, vol. 3.
- A. Watts, Il manuale del meteorologo Mursia, Milano 2005.Download
L’autore
Carlo Cacciamani laureato in fisica a Bologna, dal 2008 è direttore del Servizio idroMeteoClima di arpa emilia-Romagna. Si è occupato e si occupa di previsioni meteorologiche, climatologia e cambiamenti climatici a scala locale. È autore di molte pubblicazioni scientifiche e articoli divulgativi su tali temi.
http://magazine.linxedizioni.it/2012/01/17/la-scienza-del-meteo/
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